Oltrepassare il limite.

 

Capitolo 1°

Qualche mese dopo il funerale, Isabel decise che era tempo di mettere mano alle cose di Pier. Era sopravvissuta allo stordimento dei giorni che erano seguiti alla sua morte, a volte piangendo, a volte sprofondando in uno stato di annebbiamento, altre volte aggrappandosi alla figlia Jane o appoggiandosi agli amici, e altre ancora escludendo tutti e tuffandosi in una qualsiasi mansione domestica, a cui si dedicava per ore, ossessiva e infaticabile. Era sopravvissuta anche alle decine di pentole, piatti e vassoi, pieni di cibo che i vicini le avevano portato, in quantità industriali, come se pensassero che una persona in lutto non fosse in grado di mettere insieme un pasto sostanzioso. Gran parte delle cose che avevano portato si era rivelata atroce: la figlia della vicina che abitava sull’altro lato della strada, le aveva cucinato, per esempio, un misto di fagioli, würstel, cipolle e crostini assolutamente indigesto. Isabel l’aveva ringraziata e piazzato tutto nel congelatore dove era rimasto per alcune settimane, e alla fine lo aveva gettato tutto nella spazzatura. Aveva liquidato gli ultimi resti dei cibi che le erano stati donati e ripreso possesso del suo congelatore pochi giorni prima. Con l’assegno dell’assicurazione di Pier aveva aperto a nome di Jane, che lui aveva nominato sua unica erede, un conto fruttifero i cui interessi le avrebbero consentito di pagare gli studi, evitando di dover lavorare per far fronte alle spese che lo studio comporta. Isabel non era comunque sicura di quanto il denaro investito avrebbe effettivamente reso. Pier aveva lasciato tutti i suoi soldi alla loro unica figlia con la clausola che non avrebbe potuto entrarne in possesso fino alla maggiore età. Se quel denaro doveva servirle a pagare gli studi di Jean…non riusciva a fare un ragionamento e non ricordava nemmeno quanto le aveva detto in tal proposito suo marito Pier. Decide che doveva consultare un avvocato, o parlarne con Luis.

L’dea di avere a che fare con Luis non le piaceva per niente, ma dal momento che Pier lo aveva nominato suo esecutore testamentario, non aveva scelta. Era come se Pier non avesse fiducia in lei. E in un certo senso le cose stavano proprio così, perlomeno per quel che riguardava le cose pratiche. Buffo, perchè lei si considerava un tipo assolutamente pratico, ma l’idea di praticità di Pier non coincideva per nulla con la sua.

Se per fare un po di economia sulla somma destinata al vitto lei preparava di tanto in tanto dei piatti vegetariani, lui li trovava immancabilmente disgustosi.

Quando aveva appeso alla parete dietro il lettino di Jean un acchiappa sogni, affinché le augurasse un sonno pieno di sogni fantasiosi che al mattino poi avrebbe ricordato e raccontato a colazione, Pier le aveva dato della superstiziosa.

E quando aveva ritenuto che guidare una Cadillac Eldorado in inverno  con le strade coperte di ghiaccio fosse un’idea assurda, Pier aveva ribattuto che non sapeva di cosa stesse parlando.

E adesso era morto, tradito dalla splendida Cadillac Eldorado sulle strade ghiacciate, non riusciva ancora a crederci.

2° Capitolo

Ora doveva occuparsi delle cose di Pier.

In tre mesi non vi aveva ancora messo mano, ma era arrivato il momento di affrontare il problema. Dopo essersi tirata indietro i capelli, fermandoli con due pettinini a forma di stella, indossò una salopette di jeans e una maglietta a righe bianche e rosse con le maniche lunghe.

Aveva già scartato la maggior parte dei suoi prodotti per la toeletta, a cominciare dal dentifricio, per passare al suo portasapone, al pennello da barba in pelo di tasso, gli indumenti li avrebbe dati via. Soprattutto i suoi elegantissimi completi da manager, sia invernali che estivi. Il suo guardaroba occupava un’intera parete della cabina armadio. Aprì il primo cassetto epieno di magliette e boxer. Chiuse per un istante gli occhi immaginò di vedere suo marito con addosso un paio dei suoi boxer di seta era incredibilmente attraente. Un corpo snello, muscoloso e virile.

Non c’era da stupirsi se lei avesse accettato la sua corte fin dal momento in cui lo aveva incontrato. Nessuna meraviglia trovarsi a flirtare con un uomo dal sorriso accattivante. Non c’era da stupirsi nemmeno dal fatto che avessero bevuto assieme un bicchiere di vino nonostante lei nn beveva, si fossero baciati e catapultati a letto. E ancora meno c’era da stupirsi se, quando era rimasta incinta lei gli avesse chiesto di sposarla.

Tutto si era risolto nel miglior modo possibile. Un matrimonio splendido con tantissimi invitati, Sposati in una chiesetta di montagna circondata da pascoli verdeggianti, con dei panorami fiabeschi, addobbata all’interno con ghirlande realizzate con aghi di pino misti a fiori selvatici e una lunga passatoia con tanti petali bianchi sparsi che li accompagnavano all’altare. Il ricevimento dentro ad un castello antico con tavoli imperiali, lanterne e catene di luci. Pier aveva pensato a tutto, agli inviti, al trasporto, agli abiti e alle camere per gli invitati. Un matrimonio da favola. Quante volte guardando assieme le foto avevano ricordato quei momenti. Alla domanda “perché hai sposato la mamma?” Pier rispondeva perché la mamma era l’unica persona che lo faceva ridere e perché si era follemente innamorato. Perché gli aveva donato “il dono di Dio” lei Jean.

Lei lo aveva amato con tutta la sua spontaneità e dolcezza, lo aveva fatto ridere quando rientrava a casa esausto dopo una giornata di lavoro, cucinato degli ottimi arrosti. E quando lo sorprendeva coi soli boxer addosso, mentre si spogliava per andare a letto, si gettava fra le sue braccia, ricordandogli il motivo per cui l’aveva invitata a bere un caffè la prima volta che si erano incontrati. Per quanto casuale e banale fosse stato il loro primo incontro, ormai si appartenevano, lei era la sua streghetta.

Il quinto cassetto, conteneva i suoi maglioni, anche se troppo grandi per lei, li avrebbe tenuti. Indossare quei larghi maglioni morbidi e caldi l’avrebbe fatta sentire al sicuro. Durante la prima settimana dopo la sua dipartita aveva indossato un suo maglione andandoci anche a dormire. Ne tirò fuori uno, se lo mise davanti, andò allo specchio, si specchiò e si osservò. La lana soffice e morbida grigio fumo faceva apparire la sua pelle chiara e rosata, i suoi occhi di un colore più vivido. Non sembrava più la donna infelice di tre mesi prima, quando si avviluppava in quel capo esclusivo per non provare più freddo e nemmeno paura, ma una persona che aveva ripreso il controllo di se, che sapeva quel che faceva…

Sospirò lei non sapeva mai quello che stava facendo finché non lo faceva, e anche allora spesso non ne era sicura.

Buttò il maglione sul letto, ne tirò fuori un’altro e poi un’altro ancora, ma quando prese il maglione blu da pescatore , dalle sue pieghe scivolò sul pavimento una busta gialla. Erano anni che Pier non indossava quel maglione infatti non si ricordava di averglielo visto addosso in nessuna occasione.

Incuriosita, poso il maglione sul letto e raccolse l’involucro da terra. Se lo girò tra le mani, nessuna scritta era visibile all’esterno. Era una busta gonfia tanto da distorcere la graffetta che la teneva chiusa. Lentamente tolse la graffetta, sollevò la linguetta e vide che all’interno c’era un fascio di fogli scritti ripiegati. Raramente lei controllava il guardaroba di Pier perché era lui che se ne occupava portando la sua biancheria in tintoria, lui era impeccabile in tutto e per tutto, quindi Isabel ne era ben felice di non doversene occupare, aveva già da badare a Jean. Si accorse che erano delle lettere, quindi una parte segreta di Pier, che evidentemente non conosceva. Ebbe la sensazione di essere sul punto di oltrepassare un limite che avrebbe dovuto portarla in un territorio sconosciuto e infido.

Fu tentata di rimettere tutto nella busta e riporla nel cassetto per non violare il passato di Pier; ma ormai Pier era il passato. Lui stesso, adesso ne faceva definitivamente parte.

Aveva avuto modo di abituarsi a quella realtà. Il tempo di guarire, le sarebbe rimasta una ferita profonda, lo sapeva, ma sarebbe comunque andata avanti. Doveva farlo, per il bene di Jean più ancora che per il proprio. Jean aveva bisogno di una madre, e lei continuava a vivere.

In quella giornata quasi estiva, nonostante fosse metà aprile, sulle strade non c’era più traccia di ghiaccio. Il cielo era così limpido che, guardandolo, aveva la sensazione che non esistesse nessun ostacolo fra lei e l’universo. L’aria era calda e asciutta, il sole sembrava ricordare a tutti che l’inverno non durava per sempre.

Il suo prato aveva bisogno di qualche lavoro. Le aiuole erano coperte di foglie secche e morte e rametti secchi, la sabbia che si era accumulata contro il bordo erboso doveva essere spazzata via. Il portico necessitava di una mano di vernice, e se lei avesse di nuovo scelto lo stesso arancio caldo per la porta d’ingresso, questa volta Pier non avrebbe potuto lamentarsene.

3° Capitolo

Prima di darsi ai lavori esterni prese la busta e nel mentre la stava riponendo nell’ultimo cassetto per non violare il passato di Pier, la busta le scivolo’ dalle mani e i fogli si sparpagliarono sul pavimento. Nel mentre gli raccoglieva si rese conto di essere troppo curiosa per non accertarsi sul contenuto. Erano lettere, solo lettere…lettere d’amore senza data.

Con le mani sudate e il cuore che le batteva a mille, lesse velocemente le prime righe: – Carissimo mio Pier, noi siamo due anime gemelle…

Due anime gemelle!? Ma Pier mai le aveva raccontato nulla, ricorda che lui non le aveva chiesto nulla del suo passato e quando timidamente gli chiedeva se avesse amato altre donne,  la prendeva fra le braccia dicendole che il passato era parte del passato e dovevano vivere intensamente il presente.

Tornò a rileggere quelle poche righe con le sue carezze e i suoi sospiri. Trovava quella sdolcineria nauseante. Perché, il suo Pier aveva conservato quelle lettere d’amore… erano di una vecchia fiamma? Questa donna aveva avuto un ruolo importante nel suo passato? Perché ne era così infastidita, non aveva nessuna ragione di essere gelosa, lei era stata sua moglie, la madre di sua figlia. Ebbene si, ne era molto infastidita. Cercava di ricordare quando lo aveva visto l’ultima volta con addosso quel maglione e perchè aveva avvolto la busta proprio in quel maglione, glielo aveva regalato lei?

–  “la vita è breve Pier, vieni da me troverai tutto l’amore che cerchi e desideri. Mi manchi da morire. Ho bisogno di te. Ti aspetto.”

Per Isabel fu come ricevere una pugnalata nello stomaco. Inizio a tremare così forte che la lettera scivolo’ lungo il pavimento. Rimase a fissare il vuoto per qualche momento, non avrebbe voluto continuare a leggere ma non riuscì a farne a meno, troppo forte la paura e il dolore. Strappò la lettera, lo stomaco le si era contratto, la gola le bruciava. Pier se ne era andato, in quella casa c’era tanto amore per lui. Perchè quelle lettere la stavano innervosendo così tanto da farla impazzire? Erano lettere scritte da una donna, scritte tanto tempo fa, prima che loro due si sposassero. Pier le aveva detto che viveva da solo, chissà quante altre bugie le avrà raccontato. Il cuore prese a batterle così forte, più forte che il suo pulsante frenetico le rimbombò nel cervello. Continuare a leggere il suo stato d’animo sarebbe precipitato. Decise che la cosa più saggia da fare era di gettare il plico nella spazzatura e dimenticare. Chiunque fosse stata quella donna, Pier l’aveva frequentata prima di conoscere lei e avrebbe conservato quelle lettere senza un’ovvia ragione. Non voleva pensare che quella donna gli fosse rimasta nel cuore per tutto quel tempo, probabilmente non per nostalgia ma bensì per una sorta di orgoglio tutto maschile. Dopo essersi rassicurata, prese un’altra lettera. Sarà stato un’amore nato a scuola e Pier aveva conservato le lettere perché gli ricordava la sua gioventù.

-” il calore delle tue mani sul mio corpo sono sensazioni indescrivibili.”

Isabel sorrise, ma si sentiva in colpa e alla fine decise che ridere avesse certamente più senso. Perché prendere quelle lettere così seriamente? Dovette ammettere che in quelle lettere c’era qualcosa di inquietante, il suo era solo un modo di proteggersi. Quelle lettere parlavano di sesso; una tempesta ormonale assai normale durante la fase adolescenziale e gli studenti si sa razionalizzano il desiderio sessuale con una patina di intellettualismo. Nel pensare ciò, le sue labbra si aprirono in un sorriso e continuò a leggere.

-“ti ringrazio per il grazioso regalo. Anche se non mi piace, perchè incredibilmente volgare e poi io ho gli occhi neri come quelli di una pantera, la tua pantera.”

Grazioso? Volgare? Occhi neri?La sua pantera? Di che regalo si trattava?

-quella danzatrice a seno nudo dipinta…non puoi certo paragonarla al mio piccolo e tondo seno.

Ad un tratto tutto su fa chiaro nella mente di Isabel!

Il quadro, la sua mente si aprì e la domanda che le si presentava…, dov’ era adesso il quadro.

Dov’ era finito il quadro che suo fratello aveva dipinto per lei.

Era confusa, ritornò indietro nel tempo, ricordava che Pier le avesse regalato un’anello d’oro e lei gli aveva regalato quello che aveva di più caro, un quadro in cui lei aveva posato per suo fratello. Perchè volgare, non c’era nulla di volgare. Isabel aveva gli occhi grandi e chiari e un bellissimo sedo sodo che Pier non riusciva a tenere fra le mani tanto era generoso e non di certo assomigliava ad una pantera.

Dove poteva esser finito il quadro. Pier quando aveva ricevuto il dipinto era rimasto veramente colpito dalla delicatezza che suo fratello avesse avuto con i colori. Perché lei si era espressa in tal modo? Pier lo aveva appeso nel suo ufficio, sostituendolo con un calendario di dive appeso dal suo socio Luis. E si mostrava geloso se Luis osava fare apprezzamenti sul dipinto.

La polizia le aveva consegnato tutti gli effetti personali di suo marito. Il quadro era rimasto in ufficio e Luis non si è degnato di restituirlo. In fondo era successo così tutto improvvisamente. La morte di Pier era arrivata come un fulmine a ciel sereno.

Luis al funerale era rimasto lontano da lei e dopo aver abbracciato Jane e lasciato una scatola sul tavolo del soggiorno era scomparso.  In effetti nemmeno lei non voleva incontrarlo e per questo non era andata nello studio di suo marito proprio per non avere a che fare con Luis.

Con un colpo secco rinchiuse il cassetto e si sedette sul pavimento. Quanti punti interrogativi lottavano nella sua mente, poteva Pier essersi dimenticato di quelle lettere? Si accorse che una lettera era rimasta sul pavimento forse scivolata dal plico.  Le lacrime le bagnarono il volto quando raccolse la lettera e vi lesse il contenuto.

-“Carissimo Pier, sono ancora sotto shock. Vorrei averlo saputo prima. Tu non hai tradito solo la mia fiducia ma anche quella di lei. La disonestà mi sconvolge, eppure ti desidero ancora…tua moglie non deve entrare fra di noi…ti desidero ancora.”

A Isabel improvvisamente si ritrovo’ con la vista annebbiata, non capiva cosa se stava succedendo, sentiva un dolore struggente al petto, si sentiva distrutta. Riviveva il passato fra le braccia di Pier, di come la stringesse fra le sue braccia e con le mani le esplorava il corpo sopra i vestiti. Intuiva la sua voglia e si abbandonava alle carezze, ai suoi baci passionali in ogni dove, era tutto così meraviglioso sentiva i suoi capezzoli duri e bagnati dai baci di Pier.

Le righe le ballavano davanti agli occhi, probabilmente perché le mani le stavano tremando in modo violento. Cosa diavolo le avrà detto Pier? Si chiese Isabel fissando la lettera.

Un improvviso senso di apprensione le contrasse lo stomaco. Ma il passato era passato, adesso stava vivendo il suo presente. Doveva assolutamente mettersi in contatto con Luis. Probabilmente era al corrente di ogni cosa, non per niente erano stati amici. Un giorno Pier le raccontò di aver conosciuto un ragazzo molto giovane, ma intelligente difatti fra loro nacque subito una brillante intesa, lo aveva assunto come avvocato personale facendolo lavorare nel suo studio. Quella sera a cena Isabel pensò che il ragazzo fosse troppo giovane e allo stesso tempo le provocò una repulsione incredibile. Si era imposta di non frequentarlo se non occasionalmente a causa di alcune fortuite circostanze. Al funerale si erano tenuti a debita distanza e fu così anche quando fu invitata alla lettura del testamento di suo marito Pier. In quell’occasione aveva ascoltato da lontano la lettura e poi aveva firmato alcuni documenti alla segretaria ed era scappata via.

IV° Capitolo

La porta sull’altro lato della sala si aprì, Luis vide apparire Isabel, immediatamente il suo livello di irritazione aumentò. Era entrata l’imponente donna Isabel, la vedova addolorata.

Avrebbe avuto un concetto migliore , se anche per un attimo avesse creduto che lei e Pier fossero fatti l’uno per l’altro. Ma non era così. Quella donna era riuscita ad intrappolare il suo migliore amico con lo stratagemma femminile più antico del mondo, vede essendo l’uomo onesto e moralista che era, Pier sposandola aveva fatto soltanto il suo dovere. Comunque non aveva intrappolato lui , che non aveva nessun obbligo a dimostrarsi gentile. Tutto di lei lo irritava, I suoi lunghi capelli morbidi e ondulati, quel sorriso innocente, il corpo così voluminoso. Troppo fragile e delicata. Pier era un uomo razionale mentre Isabel era folle.

Non aveva affatto l’umore adatto per parlarle e poi perché era lì senza nessun preavviso? Dopo tre mesi? In realtà non aveva mai l’umore adatto per incontrare Isabel e quel giorno meno che mai.

Isabel irruppe nel suo studio attraversando decisa la sala d’attesa evitando la segretaria che cercava di fermarla.

Luis incrociò le mani al petto vedendola entrare con quei capelli che le fluttuavano incorniciandole il viso. Non l’aveva più incontrata da quando tre mesi prima si erano visti nella sala degli eventi, assieme ai soci di Pier per la lettura del testamento. Si era sentito in parte onorato e in parte seccato dal fatto che Pier lo avesse nominato suo esecutore testamentario. Sapeva che sarebbe stato un compito gravoso che, oltre a fargli perdere un sacco di tempo lo avrebbe costretto a restare in contatto con Isabel, ma rispettava la volontà del suo migliore amico.

si augurò che non fosse lì per discutere del testamento.

Quando entrò nello studio si accorse che era furibonda da che come chiuse la porta. I suoi occhi, che di solito erano di un dolce verde azzurro chiaro, erano di ghiaccio, freddi e duri. Le mani erano strette a pugno e il suo petto si abbassava e sollevava seguendo il ritmo di una respirazione molto affrettata.

“Che cosa vuoi?” le chiese senza nemmeno salutarla, con un tono freddo e distaccato.

Sapeva di non aspettarsi nessuna simpatia da parte di Luis, Loro due non si erano mai sopportati quando Pier era vivo immaginarsi ora e non c’era nessuna ragione iniziare proprio adesso.

-“La verità !” gli urlò Isabel.

Luis si era fatto distrarre dal ritmo dei suoi respiri. I suoi seni così generosi sobbalzavano sotto il maglione.

– “Perché quella ha il mio quadro? Voglio sapere perché parla del mio quadro? Chi è quella donna?Il quadro è mio perché lo ha lei, lo rivoglio indietro, è mio, mi appartiene!”

-“Lei?”

-“Dimmelo tu.”

Luis sospirò:”Senti se sei venuta qui per giocare agli indovinelli, non ho tempo da sprecare. Ho dei clienti che mi attendono e sono già in ritardo.”

-“Me ne frego dei tuoi appuntamenti, ho il diritto di conoscere la verità e tu la conosci la verità.”

-“Tu sei matta.”

La segretaria entrò subito dopo aver sentito Isabel urlare ma Luis la tranquillizzò perché si era reso conto che Isabel oltre ad essere fuori di è stava soffrendo e lui nonostante tutto aveva promesso al suo migliore amico che si sarebbe preso cura di lei e della bambina, Pier se lo faceva ripetere sempre ogni volta che festeggiavano una vittoria.

-“Non sono venuta per giocare, ma per sapere chi è questa donna, è stata l’amante di Pier?”

-“Insisti? “.

-“Gli ha scritto delle lettere che lui ha tenuto nascosto in un cassetto, dentro un maglione.”

Isabel rese a frugare nella borsetta e tirò fuori una busta che sbatte sulla scrivania di Luis.

-“Lettere, tra l’altro immagino abbia il mio dipinto.”

-“Non ne ho la più pallida idea.”

-“Ho trovato queste lettere scritte a Pier. Portano solo la data del giorno e non l’anno in cui sono state spedite; sapeva che Pier era sposato da quanto ho capito. Pier deve averle regalato il dipinto che mi ha fatto mio fratello. Saranno arrivate in ufficio altrimenti le avrei trovate nella cassetta della posta, purtroppo nessuna traccia delle buste e nemmeno del mittente.”

-“Hai letto la sua posta?” Luis con tono meno indignato di quanto intendesse. In effetti, se avesse trovato in fascio di lettere misteriose dopo la morte di sua moglie le avrebbe lette.

-“Avanti leggile!”

-“Leggerle sarebbe un tradimento.” asciutto ribattè.

-“Stare con quella donna è stato un tradimento! E che tu pretenda di non averne mai saputo niente, di non sapere chi è…

Lasciò le lettere sopra la sua scrivania e sbattendo la porta sparì!

5° Capitolo

Luis disteso sul suo letto legge il giornale fumando una sigaretta. Fa molta attenzione perchè a sua madre non piace che fumi, specie a letto. L’altro giorno infatti si è fatto un buco nei pantaloni del pigiama perchè gli era caduta la sigaretta sulla coscia della gamba.

Andare in moto sua madre terrorizzata sosteneva quanto fosse pericoloso. A Luis piaceva correre ore e ore in moto per cercare luoghi sparsi in mezzo alla natura e se trovava un lago o un fiume ci si fermava per pescare. A Luis piacevano molte cose oltre a pescare, adorava leggere, giocare a scacchi, andare al cinema e sopratutto in barca.

Non era il tipo che rimorchiava fanciulle, non andava a ballare perchè si annoiava, detestava fare jogging, amava sciare perchè stare in mezzo alle montagne lo faceva sentire libero ma ci andava raramente perchè causa il lavoro passava ore davanti al computer.

Aveva un ottimo lavoro, perciò si, forse un giorno chissà una ragazza carina si sarebbe interessata a quel tranquillo intellettuale di bell’aspetto, con le spalle larghe e le braccia lunghe, un pò magro al momento, ma si sarebbe irrobustito in fretta con il tiro dell’arco. Avrebbe voluto fare il pittore anche se aveva studiato legge.

6° Capitolo

La guerra era estremamente lontana dalla mente di Luis, tutto occupato quella sera a riflettere su un’altra guerra, quella piccola e per lui misteriosa che era in atto con sua moglie Silvia. Doveva arrendersi e assicurarsi a qualsiasi prezzo la pace con lei, sebbene fosse persuaso di avere avuto tutte le ragioni dalla sua nel loro ultimo litigio? D’altronde cosa c’era di male se era giovane e carina e le piaceva ballare?

Silvia stentava a capire come mai il giovane marito, che ancora frequentava l’università, la lasciasse molto tempo da sola.

Sin dalla prima adolescenza aveva preso l’abitudine di andare alle feste e ai balli studenteschi, e ora solevava dire che non intendeva affatto diventare una monaca. Cosa c’era di male se Dan si offriva spesso come cavaliere quando Luis non era disponibile? Eppure c’erano molte cose che non andavano in tutto ciò, riflette’ il giovane Luis malinconicamente, poiché Silvia continua ad atteggiarsi reginetta di tutti i balli ancora con la stessa esuberanza di cui aveva dato prova prima del loro matrimonio.

Molte feste si protraevano fino a notte fonda e lui non sapeva mai con certezza chi l’avrebbe accompagnata a casa.Se poneva domande, le risposte nella miglior parte dell’ipotesi molto sfuggenti e soprattutto evasive e si ritirava con il broncio.

A volte beveva troppo e guidava la loro vecchia auto con la stessa impetuosità che le procurava tanta ammirazione quando ballava, E questo spaventava Luis più di ogni altra cosa.

7° Capitolo

Si erano incontrati la prima volta al circolo nautico, sedici anni lei e diciassette lui. Il padre di Luis allestiva una vecchia barca a vela appartenuta al nonno per la prima crociera.

-“E’ tua questa imbarcazione?” gli chiese la ragazzina.

-“Si, era di mio nonno.” con getto orgoglioso le aveva risposto.

Silva era una ragazza graziosa e vivace che prima di allora, non lo aveva mai degnato della benché minima attenzione. Quel giorno le apparve talmente bella che Luis aveva paura di guardarla.

-“Potrebbe attraversare l’oceano la tua barca?”

-“Puoi scommetterci. La farò navigare attorno al mondo!”

-“Mi porterai con te?” Con uno sguardo selvaggio Silvia lo fissò carico di promesse.

-“Puoi contarci” le aveva risposto.

Silvia salì curiosa di dare un’occhiata, non si intendeva di imbarcazioni e disdegnava i disagi del mare, però si arrampicò fino alla crocetta.

-“E bellissimo, si vede tutto il porto.”

Luis si era arrampicato a sua volta fino alla crocetta. la visuale era davvero fantastica lassù, a quindici metri di altezza dal ponte.

-” Ti sei mai tuffato da qui?”

-“No.”

Nei suoi occhi era nuovamente riaffiorata quella espressione selvaggia.

-“Ti sfido a tuffarti!”

-“No,  non ci penso neppure, no!”

Si era lanciata nel vuoto verso la superficie scintillante dell’acqua a braccia tese in avanti. Ma era piombata in mare troppo di piatto e lui l’aveva vista riemergere adagio, con l’aria dolorante e spaventata.

Dimentico di ogni prudenza, Luis aveva spiccato il salto e, dopo un tuffo perfettamente perpendicolare, aveva nuotato rapidamente verso di lei.

Silvia aveva ripreso fiato e stava ridendo.

-“Eri così buffo mentre cadevi.” Aveva esclamato.

Luis si era fortemente adirato…ma ben presto totalmente incapace di resistere all’attrazione che provava per lei, l’aveva perdonata.

La situazione, un anno dopo l’atro non era affatto cambiata.

-“Da lei non avrai altro che guai.” aveva predetto sua madre fin dall’inizio.

-“Per ora si limita solo a stuzzicarti. Tra un anno o due comincerà a fare l’amore, ma certamente non con un povero casca morto come te, che continua a correrle dietro. Si concederà a qualche furbone, ritenendo di non poterlo accalappiare in nessun altro modo”.

-“Mia figlia è un’irrequieta.” gli aveva detto il padre di lei, ma poiché Luis non poteva né cambiarla, né impedire a se stesso di amarla, doveva cercare di vivere il quotidiano assieme a lei nel modo più sereno possibile.

Erano già da tempo sposati quando sua madre lo avvertì che Silvia usciva troppo spesso accompagnata da un certo Carl.

-“Smettila, sono uscita una sola volta, siamo andati al cinema” urlò Silvia mettendo il broncio.

Non aveva capito se crederle o meno, comunque aveva imparato che era del tutto inutile interrogarla.

Scordate le loro ostilità, si affrettarono ad andare a letto. La vide spogliarsi, come era bella, con quei suoi movimenti lenti nel liberarsi dai vestiti. Lui si sentiva come quando era ragazzino e non vedeva il momento di prenderla fra le braccia. Luis la fissa mentre lei sorridendo, gli mette le mani sulle spalle.

-“Che c’è?” adagiandosi su di lui gli copre la bocca con la sua. Si muovono all’unisono, le mani di lei sul viso di lui, le mani di lui a seguire le curve dalla vita alla spina dorsale.

Tutto terminava così, ogni volta che lui cercava di chiedere dov’era e con chi era e che aveva fatto.

La mattina dopo si era alzata prima di lui e gli aveva preparato la colazione e aggiustato pure la cravatta prima che andasse in ufficio.

Alla sera quando rientrò a casa, si stupì nel vedere numerose auto parcheggiate davanti all’abitazione. Pensò persino che Silvia potesse essere tanto adirata con lui da essersi messa in mente di lasciarlo e da aver convocato una riunione di famiglia per esaminare la situazione. Si sentiva pertanto molto nervoso mentre scendeva dalla macchina. Ma quando aprì la porta di casa, Luis si trovò catapultato nel bel mezzo di un cataclisma, Pier gli venne incontro e lo abbracciò con un affetto che non aveva mai manifestato.

-“Che cosa sta succedendo?” domandò Luis

-“Vieni dobbiamo andare…” Seguì un breve silenzio.

Silvia giaceva là, completamente inerme nell’angusta celletta dell’obitorio.

Adesso le sembrava completamente nuova, chilometri e chilometri da esplorare. Potrebbe studiarla, vuole amarla ogni giorno, vuole saper dove soffre il solletico. vuole dirle un sacco di cose. Chiederle tutto quello che lei non gli aveva permesso. Ma non sa da dove incominciare. No, no davvero. E’ ancora sorpreso. Pensa, vuole riflettere perchè lei sia fuggita via. Non avrebbe dovuto farlo. Se fosse rimasta lui l’avrebbe sempre amata senza farle più domande, senza indagare, l’avrebbe amata con i suoi capricci, le sue follie, i suoi stati d’animo alterni, Invece è fuggita. Non poteva perdonarla. Si sentiva tradito.